– Riceviamo e diffondiamo una testimonianza, una storia di chi ha la forza di raccontare e reagire –
“È difficile rendersi conto che stai subendo un T.S.O.? di solito la pratica inizia con un punturone sedativo – le parole stentano e ti accorgi di essere stato ricoverato e catturato al reparto, dove è quasi inevitabile la contenzione fisica. Arrivano guardie, 118, vigili e esercito. Al di là dell’atto infamante del TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO vorrei sottolineare che un ricovero psichiatrico anche in T.S.V. è in ogni caso una lunga agonia e la complicità dell’infermiere arriva addirittura alle contenzioni anche senza T.S.O., cioè sarai per quei giorni in balia delle decisioni di 4 loschi individui, che sfogano le loro tensioni aggressive sul paziente. Io ne ho subiti una quarantina e fino all’arrivo in SPDC ricordo lucidamente cosa stava accadendo, dopo il trattamento un buio assoluto che si trascina per alcuni giorni. Ho imparato dopo queste lunghe esperienze che ribellarsi è inutile, aggrava soltanto la tua condizione. Informarsi della terapia, chiedere delle proprie condizioni, significa essere “fastidiosi” ed aumenta il pericolo della gravità della malattia. Mi dispiace affermarlo, ma prima sei sottomesso e prima finirà il calvario. Mi hanno fatto T.S.O. per motivi più variegati, ma se devo essere obiettivo, non ci sono mai state le condizioni di legge per essere in T.S.O.
È stata sempre una prevaricazione del mio essere individuo, un atto prepotente e violento, dove l’unica finalità è essere cavia dell’istituzione psichiatrica e dei suoi metodi. Nei primi ricoveri ero realmente aggressivo, contro ogni persona che si avvicinasse a letto, ma lentamente ho lasciato la mia rivolta per seguire una strada di mediazione: le contenzioni segnano. Più sei contrario alle cure e rifiuti il reparto, più la violenza di quegli esseri dal camice bianco si sfogano su te stesso, arrivando a pratiche fuori dal comune, dalla camicia di forza ad una serie di shock punitivi. Ricordo una sera per condizioni di abuso di LSD ho iniziato a pescare dal sesto piano; in 20 minuti sono arrivate tutte le divise che si possano immaginare. Preso – ricoverato – legato e flebo in endovena per 20 giorni. Con il sadico che si accaniva nel mio corpo, arrivando addirittura ad un catetere di fil di ferro. Ogni pisciata era un urlo munchiano. Un’altra volta ho chiuso mia madre fuori casa, è arrivato il 118 e i pompieri hanno aperto casa. Il medico senza accertare le mie condizioni psicofisiche, è arrivato ad affermare che io volevo uccidere mia madre e con una facilità estrema mi considerò socialmente pericoloso, acchiappato, imbavagliato e dopo… un ricovero in lunga degenza che durò 5 mesi sempre conteso, dove le mie condizioni fisiche si aggravarono a tal punto di chiedere in estremis un ricovero allo Spallanzani, con transaminasi che arrivarono a livelli impressionanti. Non esiste più la tua possibilità di scegliere e alcune volte ti trovi in una clinica senza che nessuna legge sia rispettata. Ed è facile, quasi automatico, che dopo un T.S.O. devi inevitabilmente prendere la terapia al DSM, A.S.O. per alcuni mesi. Fino a quando una psichiatra non deciderà di lasciarti più o meno libertà sugli psicofarmaci, e se sei scaltro, fortunato e consapevole dei danni che le medicine provocano, desidererai scalare quella terapia da cavallo. Non riesco a capire l’associazione di farmaci che hanno come unica finalità di sedarti, più dormi e più sarai giudicato prossimo alle dimissioni. È da considerare fondamentale il ruolo di familiari che spesso diventano il tramite delle tue decisioni: dall’approvazione dell’elettroshock al trasferimento in uno di questi manicomi mascherati. È tutto contro legge. Ricordo che una sera, nel mio covo, lavanderia delle case popolari, ho cucinato alla brace il pesce spada, gli inquilini chiamarono il 113 dicendo che stavo incendiando il palazzo e senza verificare che in realtà stavo cucinando venni scortato al Sandro Pertini, dove le condizioni di vivibilità sono deprimenti. Di questo ricovero non ricordo altro. Un altro T.S.O. è stato al San Filippo Neri, motivando il trattamento per abbigliamento bizzarro, sono stato sveglio per due notti perché appena prendevi sonno arrivava un punturone. T.S.O. a Rieti cambiava terapia giornalmente senza alcun tipo di coerenza – dal clopixol al nepolex, ma se vogliamo dire senza coerenza medica. Allora mi domando. Domare la tua ribellione significa essere malati di mente? Arriveranno ad affermare che i tuoi geni sono malati? Mi diedero 7 abilify – sono fortunato di essere ancora vivo, ho amici che durante un T.S.O. hanno perso la vita. Ricorderei Luigi Marinelli che messe le manette gli è stato spappolato il fegato e morì di colpo – effetti collaterali annessi, perdita di istinto alla sopravvivenza, annientamento dei propri impulsi sessuali, tremorii infiniti – ecco cos’è la loro scienza; un mare di paroloni presuntuosi e sentenziosi – contro la pratica del T.S.O. organizzare resistenze ipotizzare sempre il peggio per essere pronti ad avere un minimo di attendibilità nella pianificazione di qualunque risposta. Essere in tanti per difendere ciò che è rimasto di te e della tua sensibilità, del tuo mondo affettivo, distrutto quasi annientato. Sembrerà fantascientifico, ma più persone sono al corrente del T.S.O. più le possibilità di essere liberato aumentano, è come se i visitatori prendessero il ruolo di testimoni scomodi – in questo denso mare inquinato di petrolio apriamo uno spiraglio di luce. E poi in T.S.O. mi piace scappare, lunghe derive mentali per approdare in altre regioni dove non sei più perseguibile – mi legarono più per le fughe che per la violenza – ero evasione – prendo un caffè chiedo 10 euro a una paziente e sono fuori da questo inceppo. Innoquo, addomesticato, docile, ecco come vorrebbero. Mi sgaro la barba con il sangue per non farmi toccare e poi mi do via sull’autostrada. Com’è bello fuggire davanti a un ricovero, ti senti soddisfatto, quasi vincitore, non c’è più il carrello dei medicinali. Ecco fatto, sono di nuovo libero, ma in balia della strada non dell’infermiere. E poi se esci positivo alle droghe sono cazzi tuoi. La clinica non te la leva nessuno. Un periodo di ripiamento. Dopo comunità di doppia diagnosi, lagher mascherati. Che bella soddisfazione slegarsele, levarsele, strapparsele. Il delirio destabilizza, vince l’organizzazione statale, va annientato non promulgato, se poi è strutturato sei schizofrenico, allora sta 180 ma che è? Me lo sono chiesto molte volte. Ogni T.S.O. mi sono chiesto che è sta legge, la legge è legge mi sono risposto, e per ciò definiamo concetti per superare anche sto Basaglia. I basagliani sono i peggio, è meglio uno psichiatra fascio, almeno sai cosa hai davanti. La psichiatria democratica è qualcosa per ripulirsi le coscienze di tutti gli A.S.O. perpetuati al DSM, luogo di soppressione. Il dialogo? Devi essere incisivo, forte e determinato, altrimenti le tue ragioni cadono nella terapia intramuscolo. Quali risposte dare alla loro aggressività? Giulia, Marco, Luigi, vivete di nuovo vi prego – voglio stare con voi fino all’ultima iniezione di aldol. Una volta una resposabile del DSM, un pezzo grosso, affermò: zyprexa, aldol, risperdal, è tutto uguale. Pensiamo a questa scienza di speculazione, rispondiamo con la prassi, che è azione rivoluzionaria. I T.S.O. più deleteri non ve li racconto, fanno parte del mio intimo segreto. Mi vergogno. Scusate ma io devo dire pure questo, una volta durante un T.S.O. ho telefonato al telefono viola di Roma. Mi hanno risposto “prenda un appuntamento”. Io ce l’ho con tutti in questo argomento. Ce l’ho con Padovan, perché la pensione di irreversibilità me la vuole levà, ce l’ho con tutti sti comitati che mi levano la casa popolare e poi c’è la casa famiglia, se c’hai le spinte giuste.”